mercoledì 3 dicembre 2014

Contro il jobs act, per la dignità!

Ieri in Senato si è compiuto l'atto finale con l'approvazione del disegno di legge 1428 che permetterà al governo Renzi di riscrivere su un foglio bianco gran parte del diritto del lavoro italiano. Il jobs act si appresta ad essere il più grande attacco ai diritti dei lavoratori dalla caduta del fascismo ad oggi, l'epilogo naturale delle leggi Treu, Biagi, Fornero; Renzi sta per riuscire dove neanche Berlusconi e Monti sono riusciti come ammettono gli stessi Alfano e Sacconi, stupiti che sono riusciti nel loro intento solo con un governo a maggioranza Partito Democratico.
Il jobs act sarà scritto con le penne di Confindustria, Confcommercio e di tutti i padroni che sognano un futuro ottocentesco per i loro schiavi-lavoratori, ben contenti di essere i registi dell'ennesima battaglia vinta in questa guerra di classe a senso unico.
Gli unici resistenti ieri hanno provato a circondare il Senato, i movimenti sociali, che negli ultimi anni si sono dimostrati l'unica reale opposizione sociale di questo Paese contro le politiche di furto e di austerity, costruendo percorsi dal basso di riappropriazione e per il soddisfacimento dei bisogni materiali negati dal potere e dall'ingordigia del capitale.
Le opposizioni dentro il palazzo si sono declinate in atti poco sostanziali da parte dei soliti quacquaraquà; la cosidetta "sinistra" del PD lieta di aver modificato parte del ddl non ha cambiato di una virgola la sostanza e ovviamente ha la votato la fiducia al suo capo scout.
Questa è la parte di ddl che si vantano di aver modificato:

"previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio, escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamento" (art.1, c.7, lett. c)

La realtà è molto semplice, nessun padrone licenzia un lavoratore con la motivazione formale del "tu sei negro, tu sei comunista, tu sei della FIOM, tu hai scioperato troppo, tu mi hai risposto male, tu sei andato a letto con mia figlia" o sbaglia la forma e i tempi per il licenziamento; per tutti questi motivi potranno ricorrere ai motivi economici per i quali con il jobs act i giudici avranno poco da valutare non potendo più sentenziare tra reintegro sul posto di lavoro o indennizzo ma avendo a disposizione solo l'ultimo. Quindi se il testo della futura legge nella forma rimarrà fedele alla Costituzione e a tutte le dichiarazioni universali sui diritti dell'uomo non vi rimarrà fedele nella sostanza, che è quella che conta.

I politici e i professorini ci tengono a sottolineare che non verrà modificato solo l'art.18: è vero, con il jobs act infatti sarà più facile demansionare i lavoratori quindi adibirli a mansioni inferiori a quelle per cui sono stati assunti o a quelle più alte che hanno conquistato, insomma un assist al mobbing legalizzato (art.1, c.7, lett.e); è prevista l'estensione del lavoro accessorio ad altre attività lavorative e settori produttivi, per intenderci il lavoro pagato attraverso i voucher attualmente privi di riferimento a contratti collettivi e senza la possibilità per i lavoratori di maturare ferie, tfr, straordinari etc. (art.1, c.7, lett.h); è poi prevista una revisione sui controlli a distanza dei lavoratori (art.1, c.7, lett.f), attualmente la disciplina, regolata dall'art.4 dello Statuto dei lavoratori, è molto protettiva e per questo gli unici margini che si prospettano nella futura legge saranno peggiorativi.

Il jobs act è un attacco contro tutti i lavoratori, sia i cosidetti garantiti o per qualcuno privilegiati (!!!), che nella perversa logica dell'attuale narrazione politica e giornalistica sono i lavoratori a tempo indeterminato, sia contro gli attuali precari e chi in futuro entrerà nel mondo del lavoro; bisogna rovesciare la retorica renziana della dicotomia garantiti/non garantiti con la quale il governo ha giustificato le sue politiche sul lavoro sottendendo che il jobs act è una riforma a favore dei giovani e che riporta uguaglianza di diritti. Anzitutto bisogna ribadire che noi della uguaglianza al ribasso non ce ne facciamo un cazzo ma soprattutto dobbiamo far capire che il vero risultato è l'esatto contrario di quello propagandato, infatti noi giovani siamo doppiamente penalizzati: da un parte direttamente in virtù della maggiori possibilità offerte ai padroni di poterci assumere con contratti a tempo determinato e in virtù del fatto che se mai saremo assunti a tempo indeterminato saremo sottoposti al contratto a tutele crescenti; d'altra parte indirettamente perché quei cosidetti garantiti (che per via del jobs act perderanno questa qualifica) nella maggior parte dei casi garantiscono noi, sono i nostri genitori, sono il nostro reale welfare state che ci permette di studiare e ci permette un po' di benessere nelle fasi di disoccupazione. E' chiaro che rendendo meno certa per legge la loro stabilità lavorativa sprofondiamo in un doppio stato di precarietà.

Insomma il jobs act è l'emblema della brutalità delle classi dominanti che non intendono pagare per i disastri da loro commessi; un' offensiva che esaspera ulteriormente il clima sociale e che si declina sia nel rafforzamento delle lotte della classe operaia e del precariato sociale ma che può sfociare anche in forme più spinte come ben sa Filippo Taddei, responsabile economico del PD e uno dei principali redattori del jobs act, che per via del suo operato è attualmente sotto scorta per avere ricevuto minacce di morte.
Non sappiamo se il governo Renzi col suo modo di agire stia cercando il suo nuovo Marco Biagi su cui piangere e al quale dedicare una legge ma si ricordi in ogni caso che questa guerra l'ha scatenata Lui.

cfr

martedì 18 novembre 2014

DOCUMENTO FINALE ASSEMBLEA DEI COLLETTIVI SARDI

Domenica 16 novembre membri dei collettivi studenteschi e universitari di Cagliari, Oristano, Olbia e Sassari si sono incontrati nel capoluogo oristanese per analizzare l’attuale situazione sarda, coordinarsi e trovare delle date in cui scendere in piazza insieme, organizzati, caratterizzando i prossimi momenti di mobilitazione con contenuti autonomi e indipendenti dai partiti e dalle grandi sigle che contraddistinguono la scena politica sarda.

La giornata di oggi è in stretta continuità con l’altra assemblea oristanese del 31 agosto, dimostrando che esiste nel nostro territorio una componente giovane e conflittuale che ha voglia di organizzarsi e contrastare tutti quei fenomeni che fanno della Sardegna una terra di speculazione, inquinamento, precarietà, spopolamento e emigrazione.

Crediamo che le scuole e le università infatti siano dei punti di riferimento in città per creare aggregazione e composizione critica e conflittuale tale da invertire le nefaste conseguenze che il neoliberismo ha portato nella nostra terra.

Non vogliamo appiattirci sulla mera difesa del diritto allo studio, guardiamo con rispetto e complicità gli esempi virtuosi di lotta in giro per l’Italia e il mondo, ma pensiamo che il nostro compito sia partire dalle nostre città e dai nostri paesi, prendendo come punto di riferimento i comitati spontanei nati e diffusi sul tutto il territorio che si oppongono allo sfruttamento, all’inquinamento, alle nocività, vero esempio di lotta popolare dal basso.

Le lotte in Sardegna non possono prescindere dal contributo conflittuale e militante che i collettivi studenteschi organizzati sul territorio possono dare. Non possiamo accontentarci delle riconversioni fasulle promesse dalle istituzioni regionali nel campo militare, non vogliamo discutere le briciole della buona scuola di Renzi che rappresenta il cavallo di troia per l’entrata dei privati negli istituti superiori e per lo sfruttamento degli studenti per l’alternanza scuola-lavoro strettamente legata alle dinamiche del Jobs Act. Contrastiamo quelle politiche a livello universitario e occupazionale che stanno facendo della Sardegna un territorio di emigrazione forzata.

La considerazione da cui sono partiti i lavori è quella che viviamo un momento di stallo nelle forme di mobilitazione; l’analisi ci ha portato a riflettere sulla necessità di costruire nuove forme di partecipazione, ricomposizione e mobilitazione all’interno degli spazi che viviamo quotidianamente (città, paesi, università, scuole, etc.). Queste forme sono quelle dell’inchiesta militante, della riappropriazione diretta di reddito, spazi, pezzi di libertà dalla precarietà, e della costruzione di legami con le altre realtà in lotta nel contesto socio-economico dell’Isola.

Parlando di date il prossimo appuntamento per gli studenti sardi sarà quello del 13 dicembre, giornata in cui scenderemo in piazza portando i nostri contenuti e le nostre rivendicazioni, nel quadro della lotta generale per l’eliminazione delle basi militari.

Ci preme sottolineare la forte contraddizione presente nell’atteggiamento delle istituzioni nei nostri confronti: la risposta ormai trita dei pochi soldi per colpa del patto di stabilità non regge più di fronte al fatto che milioni e milioni di euro vengono spesi in questa terra ogni anno per finanziare le esercitazioni e le ricerche militari.
I LAVORI DEI TRE TAVOLI
Ci siamo divisi in tre tavoli di lavoro, per analizzare le questioni emerse in questi mesi di mobilitazione. Di seguito il resoconto dei tre workshop.

PRIMO TAVOLO: SCUOLE SUPERIORI, PROBLEMATICHE TERRITORIALI E LA BUONA SCUOLA DI RENZI

Sono stati affrontati in primo luogo quattro punti fondamentali nel rapporto scuole-territori:
  • PENDOLARISMO: Numerose sono le criticità in questo ambito: le tratte sono poche e inadeguate e spesso si accumulano ritardi; i costi sono troppo alti rispetto alla condizione economica di una famiglia in Sardegna e sproporzionati rispetto al servizio offerto; le condizioni dei mezzi non possono garantire condizioni di sicurezza e comodità adeguate.
  • STRUTTURE: Gli edifici scolastici sono spesso vecchi e non in sicurezza; manca un piano per l’abbattimento delle barriere architettoniche e garantire l’accesso alle persone disabili; numerose scuole non hanno a disposizione i laboratori necessari allo svolgimento delle attività pratiche previste nell’offerta formativa; inoltre sarebbe auspicabile che tute le scuole restassero aperte anche di pomeriggio per garantire uno spazio di socialità e confronto tra gli studenti, nonché un punto d’appoggio ai pendolari e un luogo dove studiare.
  • CARO SCUOLA: Ogni anno si registra un aumento del costo dei libri e del materiale didattico, ma non tutte le scuole hanno previsto un programma di comodato d’uso per gli studenti; tutti gli istituti chiedono agli studenti il pagamento di un contributo “volontario”, il cui ammontare viene deciso dal Consiglio d’Istituto, che teoricamente dovrebbe essere impiegato nell’ampliamento dell’offerta formativa, ma così non è, dato che le attività extradidattiche necessitano sempre di un’ulteriore spesa da parte degli studenti.
  • SFRUTTAMENTO STUDENTESCO: Gli istituti tecnici e professionali e alcuni licei prevedono dei programmi di alternanza scuola-lavoro, stage e tirocini, non retribuiti a livello monetario né sul piano dei crediti formativi; spesso gli studenti che prendono parte a questi programmi non ricevono un’adeguata tutela dei loro diritti.
Il tavolo ha affrontato poi il programma di riforma dell’istruzione primaria e secondaria del Governo Renzi, denominato “Buona Scuola”. Il programma di riforma prevede numerosi punti critici, come il sistema di valutazione delle scuole e dei docenti, l’ingresso dei privati, la parificazione sul piano del finanziamento per merito alle scuole pubbliche e private, il rischio di esclusione degli studenti dagli organi collegiali e l’assenza di misure di rafforzamento del diritto allo studio, le problematiche nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro, degli stage e dei tirocini e dei rischi per la salvaguardia di una scuola pubblica, laica, democratica e inclusiva connessi al finanziamento da parte di privati a questi programmi ed è infine importante sottolineare il rischio che le materie umanistiche vengano svilite e dimenticate, in quanto non funzionali agli interessi dei privati che entreranno nei Consigli d’Istituto.
La “Buona Scuola” è per ora soltanto un programma, ma non esistono progetti di legge all’attenzione del Parlamento. Probabilmente le discussioni nelle due camere inizieranno nel mese di Gennaio ed è stata prevista l’organizzazione di momenti di mobilitazione in concomitanza con lo svolgimento dell’iter parlamentare.
SECONDO TAVOLO: UNIVERSITÀ E PRECARIETÀ

Il secondo tavolo era dedicato alla situazione universitaria inserita nel mondo del Jobs Act. Partiamo da alcuni dati che ci indicano il crollo delle iscrizioni nei nostri atenei: il numero degli iscritti ai corsi di laurea triennali ed a ciclo unico nel 2013 è stato pari a 1.692.984, cioè circa 69mila in meno rispetto all’anno 2011/2012 (1.762.962), il tasso di abbandono universitario nel 2012 è stato del 17,6% (in Romania del 17,4%) e il numero di laureati nell’anno 2012/2013 è stato di 203.423, 50.145 in meno rispetto all’anno 2007/2008; possiamo affermare che l’università sia sempre più classista. Un crollo legato al disimpegno dello stato e delle regioni nel garantire il diritto allo studio per tutti e tutte, dimostrato dall’altissima percentuale di idonei non beneficiari. Nello stesso momento in termini di composizione, sono sempre di meno gli studenti “puri”, infatti ci troviamo di fronte a colleghi che oltre a studiare fanno tirocini, sono precari e si arrangiano per potersi permettere gli studi. Abbiamo quindi deciso nel breve periodo di unire gli studi che si stanno facendo a Cagliari, sulla condizione dell’ateneo in termini di garanzia e accesso allo studio, e Oristano sui fenomeni di precarietà e inattività (i NEET e la Garanzia Giovani). Faremo uscire un dossier che analizzi: meritocrazia, autoformazione, reddito, gentrificazione e riappropriazione. L’importante secondo noi è mettere in luce le contraddizioni della controparte ponendo in relazione i fondi per il diritto allo studio con le spese militari e i soldi forniti alle fondazioni private come la chiesa.
Pensiamo che il dossier sia il primo passo per legittimare un attacco alla nostra controparte in termini di riappropriazione e aggregazione. Le nostre facoltà sono sempre di più spazi di alienazione, lo studente è sempre di più cliente e operaio che usufruisce della didattica e produce crediti. Contro questa dinamica crediamo nella possibilità di poter dare spazio e voce agli studenti attraverso pratiche di riappropriazione che creino un punto di riferimento in città, partecipato e utile come valvola di sfogo per i bisogni degli studenti in termini di autoformazione, cultura e socialità alternativi ai ritmi consumisti prodotti nella città
Nel medio-lungo periodo miriamo ad istituire una cassa di mutuo soccorso per i precari e i disoccupati per scardinare le dinamiche clientelari del sindacati confederali.

 TERZO TAVOLO: GLI STUDENTI OLTRE IL DIRITTO ALLO STUDIO

Inizialmente si è analizzata la questione abitativa nelle città di Nuoro e Cagliari, luoghi in cui sta diventando una vera e propria emergenza. Già gli studenti cagliaritani avevano partecipato a dei picchetti durante quest’anno evidenziando però diversi problemi nel portare contenuti tali da caratterizzare la lotta e creare un movimento di lotta per la casa nel capoluogo.
Le due proposte principali che sono uscite sul tema abitativo sono state:
  • il tentativo di creazione meccanismi di solidarietà e mutuo soccorso attraverso la proposta di assemblee dei cittadini che vivono il disagio abitativo con l’obiettivo di una creazione di una sorta di “unione inquilini” tra tutte le realtà sarde che subiscono, sfratti, sgomberi e questioni di gravi disagio nel proprio domicilio.
  • La seconda proposta riguarda un campo che ci riguarda più vicino come studenti, infatti vista la continua gentrificazione che subiscono i quartieri delle nostre città e gli affitti in nero che gravano su colleghi e colleghe abbiamo pensato di attivare un circuito formale/informale in cui gli studenti possano palesare le condizioni in cui si sono trovati nelle diverse case in cui hanno abitato, siano esse di privati cittadini, palazzinari o case dello studente. Importante capire il comportamento dei padroni di casa, i costi nei diversi quartieri, contratti fino ad arrivare a parlare dei locali sfitti.
Come affermavamo nell’introduzione, i comitati popolari spontanei che si muovono sul territorio sono per noi un punto di riferimento. Anche in questo campo le proposte che vorremmo portare avanti sono due: la prima è la creazione di un gruppo di studio che analizzi i collegamenti e le collaborazioni tra gli atenei sardi e i grandi speculatori energetici. Un lavoro che andrebbe di pari passo con il gruppo di studio del comitato studentesco contro l’occupazione militare, che si è premurato di analizzare la complicità degli atenei di Cagliari e Sassari con l’apparato militare.
Vorremmo poi incominciare a tessere rapporti con le varie realtà in lotta (Meridiana, Alcoa, Igea, etc., comitati vari su basi militari e contro la speculazione energetica) in modo da riuscire a coinvolgerli nei prossimi momenti di lotta e di mobilitazione studentesca e giovanile.

PROSSIMO INCONTRO 7 DICEMBRE ORISTANO

Collettivi Studenteschi Sardi

lunedì 10 novembre 2014

DAVIDE CONTRO GOLIA (O DEI COLLETTIVI CONTRO LA BUONA SCUOLA)

Viviamo in tempi grigi, di unanime approvazione e plauso per Matteo Renzi. Ci troviamo di fronte a un muro compatto di leccaculo, leccapiedi e lacché che presentano Renzi come il nuovo che avanza, che scrivono un articolo per ogni stupidaggine che esce dalla sua bocca, che parlano della scenografia vintage della Leopolda piuttosto che della devastazione della scenografia sociale delle periferie e delle campagne italiane. Il fatto del giorno è il gelato della Madia, e in questo Alfonso Signorini fa esattamente il gioco di Renzi, non la disoccupazione giovanile o l'inquinamento autorizzato dallo Stato e dalla Mafia che uccide centinaia di persone nel Sud e in Sardegna. Artisti, giornalisti, burattinai e burattini: un coro affiatatissimo canta il Te Renzi laudamus e le voci di chi prova ad opporsi sembrano stonate e flebili.



sabato 8 novembre 2014

SI SCRIVE GARANZIA GIOVANI SI LEGGE GARANZIA DI SFRUTTAMENTO

L'11 Novembre a Oristano si svolgerà una giornata informativa sul progetto “Garanzia Giovani” con un appuntamento per i giovani interessati e un secondo appuntamento per le imprese.

Ma cosa è Garanzia Giovani?

E' un programma nato in seno all'Unione Europea per contrastare la disoccupazione giovanile, interno alla "strategia Europa 2020" che punta a garantire l'occupazione del 75% delle persone tra i 20 e i 64 anni. L'Italia aderendo al programma ha ottenuto 1,5 miliardi di euro da ripartirsi tra le regioni e ha rivolto il suo piano nazionale ai giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non frequentano corsi di formazione, i cosidetti NEET (Not in Education, Employment or Training). Ai giovani presi in carico sono offerte 9 possibilità: "il primo orientamento al lavoro; un servizio di accompagnamento; un lavoro, eventualmente accompagnato da un bonus occupazionale per l’impresa; un contratto di apprendistato; un periodo di tirocinio accompagnato o meno da una borsa di tirocinio; un’esperienza di servizio civile retribuito; forme di inserimento o reinserimento in un percorso di formazione professionale o istruzione; forme di accompagnamento a percorsi di start-up d’impresa ed, infine, interventi finalizzati a favorire la mobilità transnazionale".

giovedì 30 ottobre 2014

14 NOVEMBRE, È TEMPO DI SCIOPERO SOCIALE

Sappiamo quanto è difficile oggi scioperare. Lo è per chi ha un lavoro fisso, per chi il diritto di sciopero ce l’ha, ma lo vede sottoposto a troppe limitazioni. Lo è perché è faticoso rinunciare a una parte del proprio stipendio quando la crisi si approfondisce e soldi non ce ne sono. Lo è ancora di più per chi è precario, per chi scioperare significa rischiare di perdere il posto di lavoro. Lo è per chi è un lavoratore autonomo, perché poi deve motivare il proprio ritardo nella consegna al committente. Lo è per un disoccupato o per un intermittente.

Sappiamo tutto questo e lo sappiamo sulla nostra pelle. Ma sappiamo anche che stare fermi ora vuol dire perdere (o quasi) la possibilità di lottare domani. La riforma del mercato del lavoro del governo Renzi – ddl Poletti e Jobs Act – renderà il lavoro sempre più ricattabile, servile, povero. Contro tutto questo dobbiamo alzare la testa, prendere parola, resistere.

Il 14 novembre sciopereremo e invitiamo a farlo in tante forme per 24 ore. Sarà uno sciopero del lavoro dipendente e del lavoro precario, di quello autonomo e della formazione, sarà uno sciopero metropolitano, meticcio, digitale e dei/dai generi. Il 14 novembre sciopereremo e invitiamo a scioperare:
  1. Per fermare il Jobs Act, per estendere (e non eliminare) i diritti previsti dallo Statuto dei lavoratori a partire dall’art.18. Per abolire la Legge Poletti, i suoi contratti a tempo determi- nato «acausali» e  la liberalizzazione dell’apprendistato.
  2. Per l’abolizione delle 46 forme contrattuali della legge 30. Contro la truffa e le discrimina- zioni del “Contratto a tutele crescenti”. Per un contratto unico a tutele immediate.
  3. Per un salario minimo europeo. Non siamo disposti a lavorare al di sotto di 10 euro l’ora.
  4. Per un reddito di base universale, non condizionato all’accettazione di qualsiasi lavoro e finanziato dalla fiscalità generale. Servono subito 15-20 miliardi contro la truffa del Naspi, per il quale sono previsti 1,6 miliardi di euro, sufficienti per non più di 180.000 persone a fronte del 44% di disoccupazione giovanile.
  5. Per la redistribuizione ai reali beneficiari (disoccupati, neet ed inoccupati)  dei 1.5 miliardi di cofinanziamento europeo del programma Youth Guarantee.
  6. Per la retribuzione di tutti i lavori, che siano sotto forma di stage, tirocini, prove, volontariato o freejobs. No all’accordo sul lavoro per Expo 2015.
  7. Per l’estensione del diritto alla malattia e alla maternità ai lavoratori autonomi e contro l’aumento dell’aliquota della gestione separata INPS per i professionisti atipici.
  8. Per la stabilizzazione delle e dei precari nella scuola, nell’università, negli enti di ricerca, negli enti e nelle istituzione pubbliche.
  9. Per la gratuità dell’istruzione, contro la ‘Buona Scuola’ di Renzi e l’entrata dei privati nei luoghi della formazione. Per la reale tutela del diritto allo studio, contro gli ulteriori 150 milioni di tagli previsti nel decreto Sblocca Italia.
  10. Per un rilancio massiccio degli investimenti pubblici in formazione e ricerca, contro la privatizzazione del welfare, delle public utilities e dei beni comuni.
Sono solo i primi punti, molti altri li scriveremo collettivamente in queste settimane che ci separano dallo sciopero sociale generale del #14N. La lotta sarà lunga e non basterà uno sciopero, ma non siamo più disposti a vivere e lavorare senza diritti, non ci stancheremo di lottare.

#NONINMIONOME  #SCIOPEROSOCIALE

mercoledì 29 ottobre 2014

CONSIDERAZIONI SULL'EX DISTRETTO MILITARE DI ORISTANO

La città di Oristano, grazie all'opera di alcuni sindaci del passato, ha cancellato buona parte della sua memoria storica: abbiamo perso torri, chiese e grossi pezzi di cinta muraria medievale. Tutto questo perché si diceva che la città andasse proiettarsi verso un futuro di sviluppo glorioso, quasi metropolitano. Futuro che non è mai arrivato.

LA REPRESSIONE SULLE DROGHE E I BECCHINI

Antonio Maria Costa non è una bella persona. Nel 2006 riuscì a eleogiare il regime iraniano per il trattamento riservato a chi fa uso e traffica in sostanze stupefacenti: l'impiccagione. Eppure dev'essere intelligente se è stato per anni il capo dell'UNODC, l'agenzia ONU che si occupa di droghe e crimine, e si sa che sono solo gli imbecilli a non cambiare mai idea. E lui, infatti, almeno una volta nella sua vita ha cambiato idea, e ha messo tutto per iscritto nel rapporto 2009 sulla droga nel mondo, prodotto dall'UNODC appunto. Quel rapporto, che ebbe un notevole risalto mediatico, mise in luce come le strategie repressive di lotta all'uso di sostanze stupefacenti fossero risultate, in più di un secolo di applicazione, fallimentari. Per chi non si fida ecco il link dell'articolo di repubblica.it dell'epoca: Droghe, la svolta dell'ONU. Prendiamo un paio di frasi giusto per mettere in luce il senso del rapporto, ma non sarà difficile con una ricerca su google trovare più informazioni e il testo completo in inglese:  "Meno impegno della polizia con gli utenti, di più con i trafficanti", scrive Costa nella prefazione, e ancora "il controllo delle droghe non sta funzionando". Il relatore del rapporto, sicuramente meno vincolato da politica e diplomazia,  Anand Grover, scriveva nelle raccomandazioni finali: "Decriminalizzare o depenalizzare il possesso e l'uso di droghe"; " Prendere in considerazione la creazione di un quadro regolatorio alternativo per il controllo delle droghe nel lungo termine, basato su di un modello come quello della Convenzione Quadro per il Controllo del Tabacco."